Il cammino diritto
«La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa. Andiamo e portiamo Cristo
là dove c’è peccato e c’è dolore, dove c’è ingiustizia e c’è ignoranza,
dove c’è indifferenza a Dio. In ogni "periferia" del nostro mondo, anche
quelle del pensiero e quelle in cui tutte le miserie regnano...».
Così parlava l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio rivolto ai fratelli cardinali, ai pastori della Chiesa universale venuti dai cinque continenti e riuniti a Roma nelle Congregazioni che precedono il Conclave. Così parlava e così, secondo la logica del mondo, già "vinceva" il Conclave. E questo accadeva mentre sulle pagine di tanti giornali si affollavano titoli e ricostruzioni apocalittiche, mentre si disegnavano cordate "politiche" o persino "affaristiche" e si descrivevano divisioni insanabili e guerre tra "pastoralisti" e "diplomatici" per la conquista di un soglio di Pietro presentato come la "presidenza" di una qualunque organizzazione (tanto che una nota giornalista tv, in quelle ore, c’informava sulla curiosità – testuale – «per la corsa alla poltrona di Papa»...).
E proprio così, intanto, parlava il cardinal Bergoglio, indicando la via della prima e della nuova evangelizzazione con il richiamo all’antica vocazione della Chiesa di offrirsi sulla terra che Dio ha dato agli uomini e alle donne come «<+corsivo>mysterium lunae<+tondo>»: corpo povero che riflette la luce splendente di Cristo. Ogni parola ha peso e senso: un richiamo e un rimedio alla «mondanità spirituale» e a una «autoreferenzialità» che rischia addirittura di «rinchiudere» Gesù Cristo. Così parlava e agiva Padre Jorge, arcivescovo in terra argentina, così parla e agisce Papa Francesco, vescovo di Roma. Pregando, ieri, per un Pontefice – per un «costruttore di ponti», come avrebbe poi sottolineato – capace di accompagnare la Chiesa sul cammino verso tutte le «periferie esistenziali». E mettendoci, oggi, con l’esempio, sul diritto cammino. Un cammino povero com’è povera la luce della Luna, che di tutto ciò che riceve nulla tiene per sé.
Così parlava l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio rivolto ai fratelli cardinali, ai pastori della Chiesa universale venuti dai cinque continenti e riuniti a Roma nelle Congregazioni che precedono il Conclave. Così parlava e così, secondo la logica del mondo, già "vinceva" il Conclave. E questo accadeva mentre sulle pagine di tanti giornali si affollavano titoli e ricostruzioni apocalittiche, mentre si disegnavano cordate "politiche" o persino "affaristiche" e si descrivevano divisioni insanabili e guerre tra "pastoralisti" e "diplomatici" per la conquista di un soglio di Pietro presentato come la "presidenza" di una qualunque organizzazione (tanto che una nota giornalista tv, in quelle ore, c’informava sulla curiosità – testuale – «per la corsa alla poltrona di Papa»...).
E proprio così, intanto, parlava il cardinal Bergoglio, indicando la via della prima e della nuova evangelizzazione con il richiamo all’antica vocazione della Chiesa di offrirsi sulla terra che Dio ha dato agli uomini e alle donne come «<+corsivo>mysterium lunae<+tondo>»: corpo povero che riflette la luce splendente di Cristo. Ogni parola ha peso e senso: un richiamo e un rimedio alla «mondanità spirituale» e a una «autoreferenzialità» che rischia addirittura di «rinchiudere» Gesù Cristo. Così parlava e agiva Padre Jorge, arcivescovo in terra argentina, così parla e agisce Papa Francesco, vescovo di Roma. Pregando, ieri, per un Pontefice – per un «costruttore di ponti», come avrebbe poi sottolineato – capace di accompagnare la Chiesa sul cammino verso tutte le «periferie esistenziali». E mettendoci, oggi, con l’esempio, sul diritto cammino. Un cammino povero com’è povera la luce della Luna, che di tutto ciò che riceve nulla tiene per sé.