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sabato 6 luglio 2013

LA PARABOLA DI ZACCHEO

Lino, un laico che scrive sul Blog Osservatori secondo Falsità, dall' alto della sua saccenza tenta di dare una spiegazione alla parabola di Zaccheo, ma visto che tale Blog pubblica solo ciò che gli conviene, eccovi una spiegazione che si ispira ai Padri Del Deserto ( Col nome di Padri del deserto si indicano quei monaci, eremiti e anacoreti che nel IV secolo, dopo la pace costantiniana, abbandonarono le città per vivere in solitudine nei deserti d'Egitto, di Palestina, di Siria. Il primo di questi anacoreti fu Antonio il Grande.
Nell'ascesi solitaria, i Padri (abba) e le Madri (amma) del deserto cercavano la via dell'hésychia, della pace interiore. Testimoni di una fede cristiana vissuta con radicalità, ebbero numerosi discepoli e i loro detti o apoftegmi, in cui traspaiono sapienza evangelica e arguzia umana, furono raccolti e tradotti in varie lingue, dando vita al genere letterario dei Pateriká.
Accanto alla Vita di Antonio, scritta dal vescovo Atanasio di Alessandria, e alla Storia lausiaca di Palladio di Galazia, le varie raccolte di Apoftegmi restano le fonti più importanti per accostarsi alla spiritualità di questi asceti.
La pittura (con Sassetta, Paolo Uccello, Hieronymus Bosch e Mathis Grünewald, per citare soltanto i più famosi), la letteratura (con Gustave Flaubert e Anatole France), la musica (con Paul Hindemith e Ottorino Respighi) si sono ispirate alla loro vita, cogliendone, talvolta, soltanto gli aspetti pittoreschi o folcloristici: le tentazioni, i demonietti, i mostriciattoli che popolano i deliziosi quadretti degli apoftegmi.)

Zaccheo voleva vedere Gesù: lo voleva così tanto che questo desiderio attirò l’attenzione di Gesù. Il desiderio è l’inizio di tutto: là dove è il tuo tesoro, là c’è anche il tuo cuore (Mt. 6, 21). Ogni cosa nella nostra vita inizia con il desiderio, dal momento che desideriamo ciò che amiamo, ciò che ci definisce. Sappiamo che Zaccheo amava il denaro, e per sua stessa ammissione sappiamo che non ha avuto scrupoli nel rubarne agli altri. Zaccheo era ricco e amava le ricchezze, ma dentro di sé scoprì un altro desiderio, voleva qualcosa d’altro, e questo desiderio divenne il perno di tutta la sua vita.
L’invito della Chiesa, del vangelo e di Cristo ci provoca a desiderare altro, a non accontentarci, a cercare dentro di noi ciò a cui teniamo di più. Desiderio: e tutto ritorna senza confini, nuovo, pieno di significato. Il piccolo uomo, basso di statura e con lo sguardo rivolto ai desideri terreni, cessa di essere piccolo. È il primo passo verso quella misteriosa casa che ogni essere umano, consapevolmente o meno, attende e desidera.
Racconta un apoftegma dei Padri del deserto: “Un uomo alla ricerca di Dio chiese a un cristiano: “Come posso trovare Dio?”. Il cristiano replicò: “Ora te lo mostro”. Lo portò sulla riva del mare e immerse la faccia dell’altro nell’acqua per tre volte. Poi gli chiese: “Cosa desideravi più di ogni altra cosa quando la tua faccia era nell’acqua?”. “L’aria”, replicò l’uomo che cercava Dio. “Quando desidererai Dio come hai desiderato l’aria, lo troverai”, disse il cristiano”.
Non fu la curiosità che fece salire Zaccheo sull’albero, ma il forte desiderio di trovare Dio in Gesù. Zaccheo era inquieto, e riempiva se stesso con la vita che conduceva. L’inquietudine è sempre stata uno dei sintomi della ricerca umana di Dio, come sant’Agostino conosceva bene: “Hai fatto il nostro cuore inquieto, finché non riposa in Te”.
La folla era un ostacolo per Zaccheo: stava tra lui e Gesù, e se fosse restato tra la folla non avrebbe mai potuto vedere Gesù. Zaccheo non era sull’albero solo fisicamente, ma anche moralmente: nella sua disonestà si era isolato da Dio e anche dagli uomini, che lo odiavano “cordialmente”. Gesù lo chiama dal basso, e lo invita a scendere, a ritornare nel mondo. Gesù lo guarda negli occhi: mai e poi mai Zaccheo pensava che sarebbe stato notato. Con ogni probabilità si aspettava di sentire un rimprovero, una condanna, invece si sente chiamare per nome. Colui che tiene nelle sue mani l’universo si preoccupa di parlare con una persona!
Zaccheo cerca di vedere chi è Gesù, e in risposta a questo suo sforzo di volontà, non solo vede, ma viene visto da Gesù. Il movimento processionale di Cristo che attraversa la città, e quello ascensionale del cercatore che tende verso la visione, si incontrano in un luogo preciso. Gesù distingue l’uomo dalla folla, lo riconosce, e lo chiama per nome. Il cercare ha come primo risultato l’identificazione dello stesso cercatore da parte di Dio che ne afferma l’essere in quanto persona.
Lo studioso ebraico Claude Montefiore (morto nel 1938) identificava la peculiarità del cristianesimo nei confronti del giudaismo proprio da questo aspetto: “Mentre le altre religioni descrivono l’uomo alla ricerca di Dio, il cristianesimo annuncia un Dio che cerca l’uomo. Gli ebrei credono che Dio è un Dio di amore e di perdono, e che accoglie liberamente un peccatore pentito, ma Gesù ha insegnato che Dio non aspetta il pentimento del peccatore, va a cercarlo per chiamarlo a sé”.
“Oggi devo venire a casa tua!”. Gli abitanti di Gerico erano sconcertati e mormorava: un fariseo non si sarebbe mai sognato di entrare in casa di una persona come quella, tanto meno di mangiare con lui. I farisei, per disprezzare Gesù, lo ridicolizzavano chiamandolo amico dei pubblicani e dei peccatori. Fortunatamente, per noi queste parole sono quanto di più confortante possiamo ascoltare. “Non sono venuto a salvare i giusti, ma i peccatori”. Ciò che importa per accedere alla salvezza non è lo stato originario di una persona, ma la sua conversione. Gesù non è l’amico dei ladri e delle prostitute, ma di coloro che si convertono, ladri o prostitute che siano.
La dimora di Dio fra gli uomini si effettua non appena gli uomini cercano di vedere Dio. La condiscendenza divina e l’elevazione umana coincidono nel tempo: oggi stesso. Il principio di questa necessità è la volontà del Padre, che il Figlio ha accettato di compiere dall’eternità. La Scrittura e l’esperienza stessa della Chiesa ci dicono quindi che il cercare Dio (preghiera e conversione sono da questo punto di vista la stessa cosa) costringe Dio a rispondere subito, oggi stesso. Questa azione di Dio nei riguardi di una persona dipende da una azione libera di questa persona: basti pensare al sì di Maria. Non si tratta di una costrizione deterministica ma di una relazione d’amore, contemporaneamente divina e umana, implicante entrambe le libertà. È impressionante come la libertà di Dio accetti di relazionarsi alla libertà umana in modo da doverne quasi dipendere. Zaccheo non è stato costretto a salire sul sicomoro, ma ha scelto volontariamente di salirvi. L’incontro non avviene per caso: è una coincidenza provvidenziale di due persone in movimento, è una occasione, una possibilità offerta all’uomo di afferrare l’amore di Dio. La convergenza di queste due libere volontà (o energie, per usare una espressione teologica cara ai padri orientali) supera tempo e spazio: l’oggi si dilata verso l’eternità dando origine alla salvezza. La condizione è che l’uomo non venga meno in questo suo desiderio di riconoscere il Signore e di vivere conseguentemente. Spetterà al Cristo di pronunciare il giudizio alla fine.
Una volta accaduti l’incontro e il riconoscimento reciproco, non c’ è più tempo da perdere, perché questo è il tempo favorevole per la nostra salvezza, come ci ricorda Paolo. Zaccheo si alza, è nella gioia, si erge liberandosi del peso del peccato, e alla sua fede intende aggiungere le opere. Questa progressione sarà sottolineata innumerevoli volte negli uffici quaresimali. “Do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho rubato qualcosa a qualcuno restituisco quattro volte tanto”. Gesù deve aver sorriso dicendo: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”: non solo perché ci entrava Lui, (Gesù in aramaico significa “Dio salva”), ma anche perché l’ospitante si era dato da fare per accogliere l’ospite facendo del suo meglio. La giustizia non è un vago sentimento, ma è una scelta quotidiana che può anche comportare sacrifici; la salvezza non è un appannaggio pauperistico, ma è alla portata di ogni uomo, ricco compreso. Dopo aver incontrato Gesù, Zaccheo appare distaccato dai suoi beni materiali, fino a condividerli senza esitazione (Gesù non gli aveva chiesto nulla).
Su questo tema delicato ci viene in aiuto sant’Ambrogio che, nel suo commento al Vangelo di Luca, giunto all’episodio di Zaccheo, sembra quasi ironizzare: “Ritorniamo ora nelle grazie dei ricchi: non vogliamo offenderli, in quanto desideriamo, se possibile, guarirli tutti. Altrimenti, impressionati dalla parabola del cammello, e lasciati da parte nella persona di Zaccheo, essi avrebbero un giusto motivo per ritenersi ingiuriati!”. E prosegue con tono più confacente al contenuto: “ Essi debbono apprendere che non c’è colpa nell’essere ricchi, ma nel non saper usare delle ricchezze: le ricchezze, che nei malvagi ostacolano la bontà, nei buoni devono costituire un incentivo alla virtù. Ecco, qui il ricco Zaccheo è scelto da Cristo: dona la metà dei suoi beni ai poveri, e restituisce fino a quattro volte quanto aveva fraudolentemente rubato. Fare solo la prima di queste due cose non sarebbe stato sufficiente, poiché la generosità non conta niente, se permane l’ingiustizia!”.
Come Zaccheo, anche noi oggi non vedremo mai Gesù se restiamo al livello in cui siamo. Ci sono troppe persone o cose che stanno sulla nostra strada. Dobbiamo salire più in alto. Per nostra fortuna, ciascuno di noi ha un albero su cui salire per vedere Gesù: è l’albero della preghiera. Attraverso la preghiera possiamo realmente parlare con Gesù così come fece Zaccheo. Ci sono altri alberi: la Parola di Dio, che illumina la vita e guida i nostri passi; la Chiesa, la compagnia di amici che Dio ci ha dato per accompagnarci nel continuo richiamo alla memoria di Lui; la liturgia della Chiesa, nella quale Gesù si fa presente in modo reale per ciascuno di noi; i Sacramenti, quello della Penitenza (il nostro modo di pulire la nostra casa per ospitare Gesù attraverso il pentimento e il servizio ai fratelli) e l’Eucaristia (il pane e il vino che gustiamo nel pranzo con Gesu e con i fratelli). Non serve salire sul sicomoro: sono altri gli alberi salendo i quali possiamo vedere Gesù, essere visti da Gesù, parlare con lui e farlo entrare nel nostro cuore per l’anticipo del banchetto eterno.
  
Padre Romano Scalfi

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